Riccardo Gusmaroli
Senza titolo
30 x 20 cm
barche di carta su tela
Quella dell'artista è una ricerca concettuale incentrata sull'impulso dell'uomo verso l'esplorazione di nuovi territori, idealmente rappresentato come un vagabondare ellittico e spiraliforme nei meandri dell'immaginazione e della psiche, tramite le barchette di carta che, oltre ad esserne gli elementi costitutivi, diventano le metafore, moltiplicate all'infinito, dell'anelito a sconfinare oltre la bidimensionalità della tela, in una nuova dimensione energetica e vibrante, plastica e sfaccettata.
Nei primi anni '90, espone al Castello di Volpaia, a Radda, Chianti (1991), alla galleria newyorkese di Sperone (1993) e allo Studio Raffaelli di Trento (1994), oltre che, in seguito, al Museo Civico di Lodi, al Castello di Corneliano Bertario (Mi) e alla Galleria Viafarini di Milano, accanto a Carla Accardi e De Maria, nel 1996, e, nel 1999, a Bruxelles e Barcellona. Il suo percorso artistico è influenzato dall'esperienza come fotografo still-life all'interno di Studio Azzurro, che lo induce a fondare, nel 1984, Studio Acqua.
Questa formazione iniziale è evidente nella vocazione a costruire composizioni di oggetti di uso quotidiano come i francobolli, gli spartiti e i dadi da gioco e nella vivace inventiva con la quale l'immagine fotografica viene ricoperta da calligrafici segni colorati che, in seguito, si trasformeranno in percorsi sulle cartine geografiche, si adageranno sui fiori, oppure ricopriranno l'intera superficie della tela. Tra gli anni '90 e gli anni 2000, si va consolidando anche il suo linguaggio artistico: ecco allora comparire i monocromi rossi, bianchi e neri, con la danza delle barchette su rotte immaginarie, spirali di pastiglie che disegnano suadenti arabeschi, le selezioni di francobolli ricoperte dal suo tratto amanuense, gli aeroplanini, le battaglie navali, i castelli costruiti con carte da gioco, le tele con i buchi estroflessi, simili a morfologie vulcaniche, le uova miniaturisticamente traforate come merletti e le carte nautiche increspate da minuscole scacchiere con conformazioni di origami a stella. Gli anni 2000 segnano l'inizio di una fertile stagione espositiva, in gallerie d'arte a Torino, Milano, Roma, Bologna, Lugano, Parigi, Montecarlo, Amburgo, Tel Aviv e Providence, oltre che in spazi pubblici come Villa Sartirana a Giussago (Mb), il Museo di Trevi Flesh Art a Arezzo, il Foro Italico e il Museo del Vittoriano di Roma, la GAM di Torino e il Museo Civico d'Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo. Nel 2007 espone al Museo Nazionale Liu Hai Su Art Centre di Shanghai, in occasione della rassegna Masters of Brera.
Al 2009 risale la collettiva Mappe alla Galerie di Méo di Parigi, dove espone accanto a Boetti, Fabro, Pizzi Cannella e Salvo. Nel 2010 la galleria Colossi Arte Contemporanea gli dedica la personale 3 oceani, 7 mari, 149mila km² di terra. Il suo lavoro è una poesia visiva che si compone di delicati origami orientali, disposti a vortici, come allegoria delle correnti oceaniche, intorno alle sagome indefinite di confini geografici in foglia oro, un materiale storicamente usato nell'arte per definire l'annullamento della dimensione spazio-temporale, generando nello spettatore una sorta di détournement, straniamento visivo; un aspetto che lo ha portato a militare con il gruppo di Portofranco, fondato da Franco Toselli, accanto a Paola Pezzi, Iacopino e Kazumasa. La volontà dell'artista di capovolgere i parametri oggettivi di misurazone dello spazio, di immergere lo spettatore in una dimensione percettiva libera dai condizionamenti culturali gli ha permesso di riattivare lo spazio della rappresentazione dal punto di vista estetico, grazie alla ripetizione di moduli formali generati da un gesto semplice come il ripiegare, ma in grado di creare situazioni visive di estrema delicatezza formale che ricordano gli arabeschi orientali. Nel 2016 espone alla UNIX Gallery e all'Italian Cultural Institute di New York, accanto a Bonalumi, Simeti, Dadamaino e Pinelli.