Joe Knife

Joe Knife


Nel 1921 Ernest Beaux, un chimico e profumiere francese, miscelò tra loro, in un modo del tutto innovativo per l’epoca, varie essenze naturali, come il gelsomino e la rosa, con altre essenze sintetiche.
All’epoca quell’uomo non si rendeva conto dell’enorme apporto che stava dando al mondo della cultura e soprattutto non sapeva che dall’unione di quelle essenze non stava solo dando vita a una nuova fragranza, bensì stava per divenire il demiurgo di un vero e proprio simbolo. Quel giorno nacque Chanel No. 5, icona ancora oggi, dopo quasi cento anni, di stile, bellezza ed
eleganza.
È forse per la portata esponenziale di significati che questa semplice boccetta porta con se’ che Joe Knife, classe 1980, ha deciso di raffigurarla in un modo del tutto innovativo all’interno delle sue opere. La tecnica che l’artista utilizza è infatti tipicamente usata in un altro ambito della nostra società, l’ambiente medico: si tratta infatti della radiografia.
Questa tecnica è oggi un mezzo utile e necessario per poter meglio analizzare il corpo umano.
Quando una pellicola radiografica viene esposta ai raggi X, essa si impressiona e, essendo portatrice di un'immagine latente, viene poi trasformata in un’immagine reale.
È probabilmente per questo motivo che nell’osservare le opere di Knife ciò che avvertiamo,inizialmente è un forte senso di spaesamento, che sorge nel non riconoscere all’interno delle opere nessuna delle parti che compone il nostro corpo. I soggetti delle opere di questo particolare artista, sono infatti elementi della cultura pop e oggetti che riconosciamo come tipici della nostra vita quotidiana. È in questo contesto che si inserisce il più famoso profumo del mondo: un tessuto di diverse sfumature di verde, che riporta dei motivi vegetali, fa da sfondo alla parte più importante dell’opera. La radiografia di una boccetta di profumo del famoso marchio Chanel N°5 diviene quindi il centro dell’interesse dell’osservatore.
Nell’utilizzo della radiografia come mezzo di analisi della realtà, riconosciamo un intento netto volto alla creazione di queste composizioni: la nostra attenzione si rivolge ad uno sguardo che è in netta contrapposizione con tutto ciò che è l’involucro degli oggetti. Lo sguardo dell’artista è uno sguardo di introspezione, che quindi analizza l’anima profonda che si muove nello spazio dell’ordinarietà. È per questo motivo che una persona o un’automobile o anche un oggetto di uso quotidiano, ad esempio un cappello, vengono osservati da un punto di vista inedito: se ne osserva infatti l’interno. Quella a cui assistiamo nell’ammirare le opere è quindi una chiamata alle armi contro la superficialità e l’apparenza e allo stesso tempo una dichiarazione di intenti che ci porta a ricercare la bellezza in tutto ciò che ci circonda.
Interessante è inoltre l’utilizzo dei toni monocromi sullo sfondo: essi sembrano creare una sospensione dell’oggetto rappresentato, innalzato rispetto al mondo dell’immanenza.
Quest’ultimo viene reso come un elemento che non fa più parte del mondo, ma che da esso proviene. Rimangono i contorni di qualcosa che riconosciamo, ma che solo adesso possiamo davvero osservare. Oggetti e situazioni vengono quindi trapiantati dalla quotidianità e, a testimonianza di questo, possiamo infatti osservare l’opera dal titolo On my car, in cui sembrerebbe quasi che la figura di un uomo al volante sia stata immobilizzata e resa eterna, seguita da un’eliminazione di tutto ciò che l’avrebbe circondata.
Ciò che denota l’importanza data a questi elementi totalmente ordinari, è l’attenzione che si dà ad essi: l’artista, con uno sguardo assolutamente introspettivo, indaga il bello e lo ricerca nella vita di tutti i giorni, ritrovandolo in ciò che chiunque altro avrebbe dato per scontato. Porre al centro del suo interesse un cappello, ad esempio, è quindi una vera e propria scelta poetica, che lo porta a riflettere sull’essenza stessa delle cose. Oltre a questa totale rinobilitazione dell’oggetto di uso comune, è possibile anche notare nuovi livelli di lettura. Un’altra opera, ad esempio, ci mostra una nuvola inserita in quella che sembrerebbe essere una scatola azzurra. Siamo di fronte ad un’inversione dello stilema dell’artista, che ci propone uno scambio tra ciò che è natura e ciò che è invece artificio. La nuvola diviene oggetto e viene per questo collocata e inscatolata all’interno di uno spazio chiuso.
L’impossibilità di osservare l’interno, tramite una radiografia, di qualcosa di puramente naturale come una nuvola, ci porta quindi ad oggettivare la stessa. Per poter meglio osservarla e analizzarla l’artista la isola da tutto ciò che è altro rispetto ad essa: l’eliminazione dell’alterità della nuvola è ciò che quindi restituisce unicità alla nuvola stessa e ciò che, infine, ci permette di ammirarla davvero.C’è un’esigenza, e anzi un’emergenza, che deve portare l’animo umano a ricercare il bello in ciò
che lo circonda. Joe Knife crea le sue opere nello spazio che intercorre tra natura e artificio, tra immanenza e trascendenza, dando vita a opere profonde, che dell’interiorità dell’oggetto fanno il proprio centro.


Natalie Zangari