Gigi Pasquinelli

Gigi Pasquinelli


GIGI PASQUINELLI


Quando pensiamo al termine “arte” ci vengono in mente tutt’oggi visioni stereotipate di quei pennelli e quelle tele che fin dalla nostra tenera età abbiamo visto essere accostate al mondo artistico in generale. È forse per questo stesso motivo che oggi risulta difficile per qualcuno comprendere la digital art, un modo del tutto diverso e innovativo di creare opere, che sta prendendo vita proprio in questi anni grazie all’immensa rivoluzione tecnologica di cui ormai facciamo parte e all’interno della quale viviamo.
Questo particolare modo di fare arte nasce in realtà dai suoi antecedenti, prendendo in considerazione le forme e le tecniche tradizionali e applicandole in modo digitale tramite programmi e software come Adobe Illustrator, Adobe Photoshop, SketchBook e molti altri.
 

Nel caso di Gigi Pasquinelli, per l’appunto un digital artist bresciano, quello che possiamo osservare nel ritrovarci davanti alle sue opere è un vero e proprio esempio di collage 2.0, che si ripromette di investigare la mente e l’anima delle icone pop scelte e analizzate dall’artista.
Il verbo stesso investigare deriva dalla crasi tra due termini latini: il prefisso in e il termine vestigium, la traccia. Pasquinelli, quindi, prima di tutto analizza le figure che decide di proporci e ne studia la vita, la carriera e gli atteggiamenti, senza però tralasciare le influenze e l’ascendente che queste vite hanno avuto sulla sua. Quello che l’artista fa è seguire le orme e gli indizi che queste icone si sono lasciate alle spalle, mostrandole a tutti coloro che hanno deciso di ammirarle o semplicemente prestar loro attenzione.
Il luogo in cui si riflette sulle vite di David Bowie, la regina Elisabetta, Dalì e molti altri è la loro stessa mente: la scelta è quella di aprire, come fossero dei porta gioielli, l’interiorità stessa delle icone rappresentate, donandoci l’occasione di poter ammirare uno scorcio sull’anima e la psiche di questi personaggi.
Nel raffigurare questi soggetti, è come se Pasquinelli si mettesse perfettamente in contrapposizione con quella che è l’idea stessa che un’icona si porta appresso: essa è di fatto un simbolo, un’immagine su cui non ci interessa investigare oltre e proseguire superando la superficie. Le icone sono dei miti e proprio per questo ci appaiono concluse in loro stesse: il punto conclusivo del mito rappresenta anche la fine di ciò che dovremmo sapere.


Eppure, ciò che osserviamo in queste opere è la decisione di andare oltre questi preconcetti grazie alla forza dell’immaginazione. È proprio questo pensare all’essenza dei personaggi che hanno segnato la nostra epoca, a fare da fulcro e da cuore pulsante alle opere dell’artista.


In questi particolari ritratti vediamo quindi la personificazione della domanda “che cosa c’è dentro la testa dell’icona?”.


Lo scioglimento di ogni dubbio si ha con la ricerca dell’essenza e allo stesso tempo dell’essenziale: sono elementi semplici quelli che l’artista inserisce nella mente di questi personaggi, ma è nella loro semplicità che ci è permesso di cogliere la sintesi tra la loro vita privata, per quanto essa si possa conoscere, e quella che è l’immagine che si ha di loro, divenuta spesso parte integrante della persona stessa.
Nel ritratto che raffigura David Bowie, il Duca Bianco, Pasquinelli decide di inserire nella testa di quest’uomo l’universo intero riassumendolo in una galassia dai toni accesi. La moltitudine di stelle e costellazioni, che abita all’interno della mente di questo camaleontico artista, rappresenta già di per se’ le numerose personalità presenti nel corpo e nello spirito di Bowie. “Sono l’uomo delle stelle” è il titolo di una raccolta di interviste in cui il famoso musicista si è aperto con il pubblico e si è svelato, permettendo di scorgere, almeno in parte, i pensieri e le riflessioni che hanno coinvolto quest'uomo che sembrava provenire da un universo altro rispetto al nostro. Bowie era esploratore di mondi musicali e umani e, come tale, è poetico immaginare come infondo non fosse lui a vivere nel nostro universo, ma fosse lo stesso ad essere contenuto nello spazio del suo corpo.

L’animo coriaceo della Regina Elisabetta è invece rappresentato da un lungo avvolgimento di legno che ne percorre il corpo stesso. Il legno è di per se’ portatore di significati legati alle mondo della resistenza, della durezza, della rigidità. Inoltre è sempre il legno ad essere elemento costitutivo dell’albero ed è dal tronco stesso che partono le innumerevoli fronde della chioma dell’albero. Nei rami che sovrastano l’albero leggiamo il simbolo della grande famiglia reale che si
poggia sulle radici stabili rappresentate dalla donna stessa. Gli anelli di accrescimento annuale del tronco simboleggiano poi la veneranda età della donna, simbolo della Gran Bretagna intera.
Tra i personaggi da annoverare nei ritratti di Gigi Pasquinelli troviamo icone facenti parti di diversi ambiti della cultura: a rappresentare la letteratura vediamo in prima linea Ernest Hemingway, la cui testa non poteva svelarci altro se non lo scroscio delle onde del mare che fa da colonna sonora al suo celeberrimo romanzo “Il vecchio e il mare”.
Sul fronte artistico osserviamo la mente di Andy Warhol occupata dall’estasiante presenza di Marilyn Monroe, mentre Dalì ci mostra invece un uovo far capolino dalla sua testa. In quest’ultimo caso possiamo effettivamente osservare come l’uovo sia sempre stato un chiodo fisso nell’esperienza dell’artista e come quasi ossessivo fosse il suo interesse nei confronti del dualismo morbidezza-durezza rappresentato da questo: sono proprio delle uova a sovrastare la Casa-Museo di Port Lligat in Catalogna e il Teatro-Museo di Barcellona.
Molto interessante è inoltre l’analisi delle opere facenti parte della serie Chemistry of Love, in cui Pasquinelli ci mostra le opere d’arte con i baci più famosi, pensiamo ad esempio ad Hayez e Klimt, e le modifica con l’utilizzo di Photoshop in un modo molto particolare. Una tavola periodica è infatti sovrapposta ai corpi degli amanti che si baciano, mentre le immagini e le forme che si stagliano nello spazio circostante alle due figure si dissolvono in una serie di pixel. Le opere di questa serie ci mostrano il binomio tra razionalità e passionalità: quello che notiamo è l’amore che quei baci rappresentano, ma ciò che stiamo osservando è l’invisibile dei corpi degli amanti che si fa visibile e che viene esplicato attraverso una tavola periodica, simbolo stesso del mondo della chimica.
Jung diceva che “L’incontro di due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: se c’è una qualche reazione, entrambe si trasformano” e in queste opere noi notiamo la trasformazione che si ha grazie all’innamoramento e il senso di appartenenza ad un tempo altro rispetto a quello in cui ci troviamo. La dissolvenza dello spazio che circonda gli amanti è tipica del loro disinteresse nei confronti di ciò che non fa parte della bolla atemporale e aspaziale in cui si trovano. Esso è inoltre una premonizione: quando si allontaneranno l’una dall’altro diventeranno come tutto il resto.
Utilizzare la digital art per creare dei veri e propri collage 2.0 è infondo l’essenza stessa del lavori dell’artista: il collage è una sovrapposizione di carte, fotografie, oggetti, ritagli di giornale e altro ancora ed esattamente allo stesso modo Pasquinelli sovrappone la sua autobiografia alle vite delle icone che decide di analizzare e nello stesso tempo sfrutta gli input recepiti dal mondo della cultura creando opere perfettamente declinate nei tempi e nelle tecnologie che oggi abbiamo la possibilità di utilizzare. L’incontro tra mezzi e mondi diversi diviene quindi il perno attorno a cui ruotano le opere analizzate.
Natalie Zangari